I rifiuti sanitari - definizioni normative

L'art. 2, comma 1, lett. a del D.P.R. n. 254/2003 definisce i «rifiuti sanitari» come: «quelli che derivano da strutture pubbliche e private, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca

I rifiuti sanitari - definizioni normative

L'art. 2, comma 1, lett. a del D.P.R. n. 254/2003 definisce i «rifiuti sanitari» come: «quelli che derivano da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che svolgono attività medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (es. le aziende ospedaliere e Aziende sanitarie locali, le case di cure private, i laboratori di analisi cliniche, gli ambulatori in cui si effettuano prestazioni chirurgiche, gli studi medici odontoiatrici, gli studi veterinari).»

Inoltre il DPR prevede anche la tipologia: rifiuti speciali, prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo.

Il materiale utilizzato in campo sanitario NON è sempre a rischio infettivo! In merito vale la pena un approfondimento specifico in un post dedicato. I rifiuti non a rischio infettivo, che possono arrivare, secondo l'organizzazione mondiale della sanità (WHO) ad oltre l'80% dei rifiuti prodotti da una struttura sanitaria sono, sempre, rifiuti speciali, in parte pericolosi, distinti all'art. 1 comma 5 in cinque tipologie.

Non pericolosi

Imballaggi in carta, cartone, plastica, vetro, ... legno, metalli, materiali da demolizione, arredi, apparecchiature elettriche ed elettroniche, ... Ovvero tutti quei rifiuti prodotti all'interno delle strutture sanitarie e classificati come non pericolosi dal D.Lgs. 152/2006. Spesso tali rifiuti posso essere "assimilati" ai rifiuti urbani e conferiti con i medesimi. Tale evenienza deve però essere verificata nel caso specifico in quanto l'assimilazione è regolamentata a livello comunale. Qualora i rifiuti sanitari non pericolosi non siano e non possano essere assimilati devono essere conferiti ad aziende autorizzate al loro ritiro. E' importante infine sottolineare che i rifiuti prodotti dalle aziende che effettuano attività e/o servizi presso la struttura sanitaria in qualità di appaltatori devono essere considerati come prodotti dall'azienda stessa e non dalla struttura sanitaria.

Assimilati agli urbani

Si pensi banalmente ai rifiuti prodotti negli uffici delle strutture sanitarie, analoghi in tutto e per tutto a quelli prodotti da altri uffici e sicuramente da non considerarsi portatori di un rischio specifico. A questi si unisco gli scarti delle mense, parte dei rifiuti derivanti da attività di pulizia e manutenzione, ... Ma non solo, anche la vera e propria prestazione sanitaria, può dare origine a prodotti di scarto in tutto e per tutto analoghi ai rifiuti urbani, si pensi ad esempio alla confezione in materiale plastico di un prodotto sterile, alle fleboclisi in bottiglia o in sacchetti di PE, al supporto in cartone di una confenzione di fiale,... Per questi ultimi prodotti è necessario considerare 3 aspetti fondamentali, spesso trascurati:

  • la predisposizione di sistemi efficaci di raccolta differenziata all'interno delle strutture sanitarie,
  • l'adeguata formazione del personale,
  • l'adozione di strategie di e-procurement.

Pericolosi NON a rischio infettivo

La maggior parte dei rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo in esame sono prodotti nelle attività di:

  • laboratorio e anatomia patologia,
  • radiologia (liquidi di fissaggio e sviluppo delle lastre radiografiche),
  • manutenzione della struttura (filtri delle cappe di aspirazione, neon, batterie, ecc).

Nei reparti di degenza si producono infatti un numero limitato di tipologie di rifiuti a rischio chimico, generalmente disinfettanti e vecchi termometri al mercurio rotti. Questi ultimi devono essere raccolti all'interno di contenitori rigidi non destinati all'incenerimento, per evitare dannose dispersioni di mercurio nell'ambiente: è vietato, quindi, introdurli nei contenitori per rifiuti a rischio infettivo o taglienti e o pungenti. Una particolare attenzione deve essere prestata alla classificazione degli imballaggi vuoti che hanno contenuto sostanze pericolose per i quali il catalogo CER prevede il codice 15.01.10* imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze.

Che richiedono particolari modalità di smaltimento

Farmaci Scaduti: Si tratta di rifiuti classificati non pericolosi e comprendono i medicinali scaduti o non più utilizzabili, esclusi quelli citotossici e citostatici e le sostanze stupefacenti e psicotrope. Tali rifiuti, in confezione integra oppure già aperta, devono essere raccolti separatamente all'interno di un apposito contenitore. È auspicabile che la procedura interna preveda la separazione dei blister del farmaco dalla confezione in cartoncino e dal foglietto illustrativo, per avviare questi ultimi a raccolta differenziata della carta.

Medicinali citotossici e citostatici: Sebbene le quantità in gioco siano molto inferiori a quelle degli altri farmaci, è stato dimostrato scientificamente che i farmaci chemioterapici antiblastici possono essere cancerogeni. L'esposizione può avvenire per inalazione o per assorbimento attraverso la cute e le mucose, quando si verifica un contatto diretto con i farmaci o indiretto con superfici e indumenti da lavoro contaminati… La preparazione di questi medicinali è generalmente centralizzata nelle strutture in cui avviene la somministrazione. Lo smaltimento generalmente avviene per incenerimento nell'ambito della filiera dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

Organi e parti anatomiche non riconoscibili e piccoli animali da esperimento: Il D.P.R. all'allegato 1 punto 3 prevede che tali rifiuti siano classificati e gestiti come pericolosi a rischio infettivo. Fatte salve le «carcasse degli animali da esperimento, le carcasse intere e le parti anatomiche, provenienti dall'attività diagnostica degli Istituti zooprofilattici sperimentali delle facoltà di medicina veterinaria ed agraria e degli Istituti scientifici di ricerca».

Sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope: Per gestire correttamente questa tipologia di rifiuti occorre tener presente sia le disposizioni di pubblica sicurezza, tese ad evitare che le sostanze impiegate per la terapia o scartate dalle Aziende sanitarie perché non più utilizzabili vengano immesse nel mercato illecito degli stupefacenti, sia le disposizioni sulla tutela ambientale, tese ad evitare la dispersione di farmaci nell'ambiente: «La distruzione delle sostanze stupefacenti e psicotrope e relative preparazioni deve avvenire per incenerimento».  Alle procedure di distruzione presso l'impianto di incenerimento presenzia la Commissione di vigilanza, eventualmente assistita da un appartenente al Comando Carabinieri Sanità od alla Polizia di Stato. Di tali operazioni viene redatto apposito verbale che rimane agli atti del Servizio Farmaceutico Territoriale dell'Azienda USL.

Prodotti abortivi, feti e prodotti del concepimento: La gestione è normata dal Regolamento di Polizia Mortuaria che prevede che i prodotti abortivi di presunta età gestazionale dalle 20 alle 28 settimane complete e i feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di gestazione e che non siano stati dichiarati nati morti, devono essere considerati parti anatomiche riconoscibili. I prodotti del concepimento di presunta età gestazionale inferiore alle 20 settimane, in analogia con le parti anatomiche non riconoscibili, possono essere trattati come rifiuti pericolosi a rischio infettivo (codice CER: 18 01 03*). E’ facoltà della famiglia richiederne la consegna ai fini della sepoltura, impegnandosi a sostenerne gli oneri. I nati morti sono considerati defunti a tutti gli effetti.

Rifiuti radioattivi: Nelle strutture sanitarie vengono utilizzati alcuni radioisotopi a scopi diagnostici e terapeutici. Principalmente si utilizzano:

  • Iodio 131,
  • Iodio 125,
  • Trizio (Idrogeno 3),
  • Fosforo 32,
  • ...

La maggioranza dei composti radioattivi utilizzati rientrano nella classe 3 definita dal D.Lgs. 230/1995 (emivita < 75 giorni e concentrazione > 1 Bq/g) e possono pertanto essere depositati in un apposito locale in attesa del loro decadimento e successivamente essere gestiti come rifiuti non radioattivi. Diversamente è necessario conferire i rifiuti radioattivi a smaltitori appositamente autorizzati.

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